Happy Channel

Buone notizie, nostalgia e culto

Orche, non solo assassine: sono delle nonne provette | Alla scoperta dell’effetto nonna

Diadmin

Mar 17, 2023

Non godono di una delle migliori fame al mondo, anzi (ma d’altra parte siamo in tanti a non godere delle migliori delle fame ma poi siamo così lovely): parliamo delle orche assassine.

Chiamate così a causa della loro reputazione di predatori spietati e aggressivi, sono in realtà dei delfini (quelli sì, ne scrivemmo già, molto cattivi) e sono noti per cacciare e uccidere le balene, i leoni marini e altri mammiferi marini, spesso con una ferocia che sembra andare oltre il bisogno alimentare.

Tuttavia, va sottolineato che il termine “orca assassina” è stato coniato dall’uomo e non riflette necessariamente la natura dell’animale stesso: il nome orca deriva con ogni probabilità dal greco antico ὄρυξ, óryx, “grosso pesce” e il nome scientifico Orcinus deriva da un aggettivo latino che si riferisce all’Orco, dio dell’oltretomba per i Romani, mentre l’aggettivo “assassina” è dovuto agli inglesi, che chiamano le orche killer whale (letteralmente balena assassina).

L’aggettivo, in realtà, è decisamente ingeneroso: in natura l’orca non è una minaccia per gli esseri umani.

Gli unici attacchi registrati da parte di orche ai danni di uomini (o donne, come vi racconteremo a breve) sono avvenuti in cattività (laddove un’orca – come molti altri animali selvatici – non si trova esattamente a suo agio).

Il caso di Tilikum, l’orca serial killer

Ha fatto molto rumore, negli anni passati, il caso di Tilikum – un esemplare maschio di orca – artefice di una serie di omicidi ai danni di malcapitati trovatisi a contatto con l’animale, costretto in strutture acquatiche statunitensi dopo essere stato strappato via alla sua famiglia in Islanda: dal 1991 al 2010 Tilikum ha ucciso tre persone, una studentessa di biologia, un uomo scappato ai controlli e rimasto a dormire presso SeaWorld e una esperta trainer.

Nel 2017 Tilikum è morto, ma il termine orca assassina rimane (sebbene in totale siano complessivamente quattro le vittime di orche in cattività – che al 2018 sono state stimate in 60 unità nel mondo).

Ma non è questo aspetto omicida ad interessarci, in questa sede, bensì un altro aspetto che accomuna (quello sì davvero) le orche agli esseri umani.

Perché le orche sanno essere delle ottime “nonne”: in quella che potrebbe essere considerata sostanzialmente una società matriarcale, ogni gruppo di orche è composto da una femmina, un maschio adulto, i loro piccoli e una o più femmine più anziane sterili, di cui parleremo di seguito.

Le orche e l’effetto nonna

Sono pochissimi i mammiferi che vanno in menopausa, tra cui l’essere umano, le orche, il globicefalo di Gray, il narvalo e il beluga e gli scienziati si sono a lungo chiesti quale fosse il motivo alla base di questo meccanismo e quali vantaggi offrisse all’animale. Così uno studio pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences ha portato alla luce la “teoria della nonna”: la presenza nel gruppo familiare di orche che hanno superato l’età riproduttiva aumenta la sopravvivenza dei piccoli.

Come accennato, le orche hanno una struttura sociale molto complessa e vivono in gruppi matrilineari, formati da una matriarca e dai suoi discendenti, a loro volta aggregati in cosiddetti pod. Le femmine delle orche vivono a lungo anche dopo aver superato l’età riproduttiva e solo quando diventano nonne smettono di riprodursi, questo ha portato gli scienziati a chiedersi perché questo avvenga. Lo studio in questione mostra che le possibilità di sopravvivenza dei nipoti erano maggiori quando era presente una nonna giacché che la morte di una matriarca può avere importanti ripercussioni sul suo gruppo familiare, specialmente quando si considera il futuro delle popolazioni di orche, ma la presenza di una nonna le mitiga.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *