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Buone notizie, nostalgia e culto

Grazie mille, l’eclissi dell’11 agosto 1999, un testo nostalgico e quella dichiarazione indimenticata

Dierredivi

Ago 11, 2024

Lido Grotta Smeralda, costa catanese.

È una calda giornata della fine del secolo, della fine del millennio.

La speranza è alta, altissima, specie se hai 12 anni, l’adolescenza è alle porte e quell’anno MTV (ospitato gentilmente da ReteA) ti sembra tutto d’uno il canale più interessante del creato.

Non so come sarebbe stato avessimo avuto YouTube, e tutto sommato nemmeno importa molto perché YouTube non ce l’avevamo e l’unico tubo che avevamo era quello catodico.

L’estate è purtroppo agli sgoccioli, perché giunto agosto guardiamoci in faccia l’estate è agli sgoccioli, ma quel giorno sta per accadere qualcosa di unico.

Si parla già da giorni di un fenomeno astrologico piuttosto raro: per l’ultima volta del secolo, del millennio, il sole si oscurerà.

Sarà l’ultima eclissi, si vedrà benissimo ma attenzione a non guardarla ad occhio nudo.

Pavido come sono, pur a 12 anni sia l’età ideale per guardare fisso il sole e subire danni irreparabili alla retina, non gli darò nemmeno uno sguardo – mentre al Lido Grotta Smeralda mi godo il mare, tra un tuffo e un altro, con i pochi altri ragazzini che frequentano il luogo.

Il Lido Grotta Smeralda è un lido per vecchi, non come il Paese in cui reciterà qualche anno più in là un fantastico Javier Bardem, ma è frequentato da alcuni ragazzini di cui siamo soliti farci beffe io e un giovane amico che conosco da sempre e che ogni estate scende in Sicilia. Forse vorremmo solo essere come loro, non so, ma per certo a decenni di distanza ho rimosso loro tutti.

Tutti tranne una ragazzina, Giulia.

La ricordo bellissima, come solo i ricordi possono farti ricordare qualcuno, e decisamente spigliata.

Decisamente più spigliata di me, che nonostante MTV e la preadolescenza sono un imbranato più di come canterà di se stesso Tiziano Ferro.

Si gioca in acqua, si gioca a chi si tuffa più velocemente una volta che viene nominato, e questa Giulia è quasi una amica, nonostante sia amica anche dei ragazzini di cui mi facevo beffe.

In quell’11 agosto del 1999 attendiamo che il sole si oscuri – sarà intorno a mezzogiorno o giù di lì – ma intanto giochiamo in acqua.

Mi urla addosso, mi spruzza dell’acqua in un orecchio e mi chiede, sorridendo (io che ho un problema coi sorrisi, dai tempi dei sofficini in poi): “Ti vuoi mettere con me?”

Mi trovai spiazzato, come il peggiore dei portieri pararigori. Ti vuoi mettere con me lo avevo sentito dire solo a  Davide De Marinis in Troppo bella.

Poco dopo tornai a casa, ché noi si pranzava sempre a casa, e non ricordo dell’eclissi nulla – ché mi aspettavo quelle scene quasi apocalittiche del buio in pieno giorno ma nisba.

E in barba a tutto, in barba a Facebook, ai social network e al nostro essere iperconnessi, quella sarà l’ultima volta in cui vedrò Giulia.

Grazie mille, il video dedicato all’eclisse ed il significato del testo

Finisce l’estate, inizia la scuola (sarà la mia terza media, che supererò come in seguito spesso nei bar di mezza Europa) e continuo a vedere MTV.

Ero un grande fan degli 883, ma Max Pezzali da qualche tempo sembrava aver perso la tempra che lo contraddistingueva e la cosa mi dispiaceva.

Io c’avevo 12 anni, lui d’altra parte ne aveva 32. (Santo cielo, 5 anni meno di me adesso).

Io non ero nemmeno entrato nell’età della ribellione, Max è nella piena moderazione e fa uscire una canzone che lì per lì non mi piace poi molto.

Grazie mille. Grazie per cosa? Non mi pare ci sia molto da ringraziare, a 12 anni.

Il video, è tutto dedicato a quella eclisse di qualche mese prima, con un Max pieno di gratitudine che canta affiancato dai filmati di gente di tutto il mondo che provano ad osservare il sole che gioca a nascondino.

E canta.

Quando si vedono
Le montagne che non c’è foschia
Quando le vacanze iniziano
E quando poi torno a casa mia
Quando mi alzo e sento che ci sono
Quando sfreghi il naso contro il mio
Quando mi respiri vicino

Per me che sono etneo, è difficile non vedere l’unica montagna che sovrasta il territorio e francamente la foschia è un fenomeno a me quasi ignoto (almeno nel 1999, quando le mie esperienze di vita si limitavano a quella catanese).

Le vacanze, quando conosco questa canzone nel 1999, sono appena finite – ma è certo che in seguito avrei percepito il feeling di Max, ché anche solo per un fine settimana ci sarebbe da ringraziare; per poi non parlare del ritorno a casa, nostalgico in senso quasi etimologico, per cui ti viene voglia di ringraziare quando vivi a migliaia di km di distanza.

E se a 12 anni non comprendi a pieno il fatto che ci si possa svegliare col piede sbagliato, oggi non posso che ringraziare – quelle volte che mi sveglio in forma, che ci sono (e che mi viene di scrivere di Grazie Mille, nel 2024).

Non mi soffermo sulle dolci stucchevolezze d’amore, ché per principio non le ho mai amate scritte o cantate quasi da nessuno, e procedo con la seconda strofa.

Quando si giocano
Le coppe in tele il mercoledì
Quando sento un pezzo splendido
Che mai pensavo bello così
Quando il cane mi vuol salutare
Quando vedo i miei sorridere
Quando ho l’entusiasmo di fare

Le coppe in tele il mercoledì sono sempre state un fulcro della mia vita, sebbene la nostra Beneamata in quegli anni spesso non ci fosse, in quei mercoledì di coppa; e solo più tardi, solo adesso, mi rendo conto di quanto ci sarebbe da ringraziare anche solo per poterle guardare in queste abbuffate da calcio moderno, ché l’ho sempre sognato ed oggi posso.

E dopo un riferimento quasi da sindrome di Stendhal e il saluto del cane che mi fa pensare al bimbo che saluta in Un giorno così (che è una Grazie mille appena più old school e rock), non si può non essere smossi dal pensiero dei propri genitori sorridenti (che quando hai 12 anni difficilmente puoi capire, quando ti appresti a diventare padre forse di più, ma in realtà è solo il tempo che passa e la morte che incombe e quindi sì grazie mille per i miei che posso vederli ancora sorridere).

Mentre l’entusiasmo di fare, fa il pari con l’alzarsi e sentire di esserci e con l’ultimo elemento dell’enumeratio dell’ultima strofa – quando so che ce la posso fare.

Quando un microfono
Non lo vorrei abbandonare mai
Quando i miei amici prendono
Un’accoppiata secca alla SNAI
Quando il mondo mi sembra migliore
Anche solo per un attimo
Quando so che ce la posso fare

E se non conosco la sensazione di avere un microfono in mano, né tantomeno la conoscevo allora (ed è l’aspetto più autobiografico probabilmente della canzone, quello con cui ci si può identificare con più difficoltà a 12 anni o 25 anni dopo), sì conosco quella di prendere un’accoppiata secca sebbene magari non alla SNAI (anche se, nel 1999, non sapevo nemmeno cosa fosse, la SNAI).

E se può sembrare una celebrazione alla ludopatia, è solo una celebrazione alla vita; alle piccole gioie della vita, ché un’accoppiata secca difficilmente ti cambia la vita.

Infine, circa il mondo che può sembrare migliore anche solo per un attimo – poco dopo il 1999 avrei iniziato a militare, e si diceva tutti che un altro mondo fosse possibile e ci credevamo anche perché eravamo appena entrati nel nuovo millennio e quante aspettative cazzo avevamo.

Purtroppo oggi non percepisco mai migliorie nel mondo, ma forse dovrei provare a focalizzarmici. Per certo, se vedessi il mondo migliore anche solo per un attimo, non potrei che ringraziare.

Per ogni istante, ogni giorno, ogni attimo
Che mi è stato dato.

Grazie mille. Anche per quel 1999.

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