Il misterioso manoscritto Voynich, indecifrabile da secoli, ispira il thriller storico di Marco Letizi che riaccende il fascino del sapere proibito.
Per raccontare Il Codice Proibito di Marco Letizi — un thriller storico che rimette al centro uno dei misteri più affascinanti della storia — bisogna prima entrare dentro l’oggetto che ha ispirato tutto: il manoscritto Voynich, probabilmente il libro più enigmatico mai esistito.
Un codice illustrato del XV secolo, datato con certezza tra il 1404 e il 1438, scritto in una lingua che non è mai stata decifrata. Una lingua che non assomiglia a nessun’altra. Un alfabeto che non trova riscontri. Disegni di piante che non esistono in natura. Figure femminili immerse in vasche collegate da tubi, diagrammi astrologici, fiale, radici, stelle, pagine ripiegate, un indice finale fatto solo di piccole stelle a sette punte.
Il Voynich è questo: un libro che non si riesce a leggere. E proprio per questo continua ad attrarre linguisti, crittografi, storici e appassionati di misteri.
Il Manoscritto Voynich, un libro che non vuole farsi capire
Il nome arriva da Wilfrid Voynich, il mercante che lo acquistò nel 1912 dai gesuiti di Villa Mondragone. Dentro, trovò una lettera del 1665: il testo era passato nelle mani dell’imperatore Rodolfo II, che lo acquistò a caro prezzo convinto fosse opera del filosofo medievale Ruggero Bacone. Da lì in poi, un susseguirsi di tentativi di decifrazione — tutti falliti.
Nemmeno i crittografi della marina statunitense, dopo la Seconda guerra mondiale, riuscirono a cavarne qualcosa.
E allora cos’è?
Un manuale di botanica medievale? Un testo medico? Una lingua filosofica? Un falso? Un’enciclopedia di segreti erboristici, come qualcuno sostiene? O un’opera scritta in una lingua estinta da tempo, come ipotizzato da alcuni linguisti moderni?
La verità è che non lo sappiamo ancora. Il manoscritto non concede appigli: nessuna correzione, nessuna esitazione, nessuna parola riconoscibile. Una perfezione sospetta e inquietante.
Ed è proprio in questa zona grigia — tra storia e immaginazione — che si inserisce il romanzo di Marco Letizi.
Il romanzo che riaccende il mistero: Il Codice Proibito
Letizi non cerca di spiegare il Voynich: lo usa come detonatore narrativo. Nel suo romanzo, il Codice diventa un oggetto capace di mettere in crisi le certezze della Chiesa e di trascinare i personaggi in una caccia al sapere proibito. Un testo che potrebbe riscrivere la Storia, un segreto capace di cambiare il destino.
La forza del libro sta nel modo in cui intreccia fede, potere, scienza, e un interrogativo eterno:
la conoscenza è un diritto o un pericolo?
Le protagoniste femminili — coraggiose, lucide, disposte a sfidare il loro tempo — incarnano la ricerca della verità, mentre il romanzo attraversa epoche diverse e riflette sul legame tra libero arbitrio e destino.
È un thriller storico, sì. Ma è anche una meditazione su come i libri proibiti — quelli veri e quelli inventati — possano cambiare il mondo.
Perché il Voynich affascina ancora oggi
Forse perché ci ricorda che, anche nella nostra epoca ipertecnologica, esistono ancora cose che non riusciamo a spiegare.
Forse perché è un libro che sfida l’arroganza dell’interpretazione.
O forse perché ognuno, guardandolo, ci vede ciò che teme o ciò che desidera.
Con Il Codice Proibito, Letizi riporta questo enigma nella cultura pop contemporanea, trasformandolo in un romanzo dove il mistero non è un espediente narrativo, ma una domanda aperta rivoluzionaria: chi decide cosa possiamo conoscere e cosa no?
Ed è proprio questo, dopotutto, il segreto che rende immortale il manoscritto Voynich: non ha una risposta — e forse non vuole averne.