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Chi sono gli Handsome Weeping Boys? L’importanza delle lacrime nelle aziende giapponesi

Dipardino

Dic 18, 2023

Nel cuore pulsante di Tokyo, un curioso fenomeno si sta radicando all’interno del mondo aziendale. È uno spazio in cui la vulnerabilità è non solo accettata ma, così come le lacrime, incoraggiata. Benvenuti nel mondo dei workshop sul pianto guidati dai “bei ragazzi che piangono“.

Hiroki Terai, il visionario che sta dietro a questa iniziativa non convenzionale, è in missione per smantellare la facciata stoica spesso associata alla cultura giapponese. La sua ispirazione deriva dalle sue lotte personali esperite in gioventù, un periodo in cui la solitudine ha costellato i suoi giorni di scuola, fornendogli uno sguardo più ampio sulle emozioni delle persone.

Dalle cerimonie di divorzio alle fedi nuziali schiacciate, il viaggio di Hiroki per normalizzare le lacrime lo ha portato all’innovativo concetto di workshop sul pianto. Queste sessioni, progettate per chiunque voglia partecipare, forniscono una maniera per condividere le emozioni e liberarsi in modo catartico. La chiave sta nei facilitatori scelti, soprannominati i “bei ragazzi che piangono“. Questi individui, che nella vita possono svolgere qualsiasi professione, svolgono un ruolo fondamentale nel guidare i partecipanti attraverso questo viaggio emotivo. Le loro lacrime, che catalizzano gli altri a versare le proprie, rappresentano un allontanamento dalle norme sociali, con l’obiettivo di ridefinire la percezione degli uomini che piangono, incoraggiando al contempo l’espressione emotiva.

Ma funziona? Le testimonianze parlano chiaro. Terumi, una comica che ha documentato una delle sessioni, si è trovata inaspettatamente commossa di fronte ai filmati che ritraevano alcuni rapporti padre-figlia. Le sue risate nascondevano la consapevolezza di emozioni irrisolte nei confronti del proprio padre e l’emergere di una nuova consapevolezza emotiva. Tuttavia, non tutti condividono questo approccio. Uria, un’impiegata, afferma di rimanere indifferente ai racconti cinematografici di perdite e relazioni e il suo scetticismo sottolinea la diversità delle risposte all’interno del workshop, evidenziando l’intricata rete di emozioni umane e di esperienze individuali.

La premessa alla base dell’impresa di Hiroki sfida lo stereotipo delle emozioni riservate dei giapponesi. I partecipanti fanno eco a questo sentimento, riconoscendo l’esitazione della società nell’esprimere i sentimenti, soprattutto in ambito aziendale. La dicotomia tra vulnerabilità personale e professionalità sul posto di lavoro crea un delicato equilibrio che Hiroki cerca di ridefinire. La sua visione va oltre l’individuo; si tratta di promuovere un ambiente di lavoro in cui l’autenticità e l’apertura emotiva non sono solo accettate, ma accolte. La convinzione che rivelare la vulnerabilità rafforzi le relazioni e migliori il lavoro di squadra sottolinea lo scopo di questi workshop in ambito professionale.

Al termine delle sessioni, non si può fare a meno di riflettere sull’impatto di questi approcci non convenzionali. L’idea delle lacrime come strumento per creare connessioni più profonde, un catalizzatore per un luogo di lavoro più empatico, lascia una curiosità persistente sulla potenziale trasformazione del panorama aziendale. Come curiosa è l’intricata danza tra norme sociali e autenticità emotiva che non potranno non sfociare in un radicale cambiamento culturale delle aziende del Sol Levante e non solo.

Nel mondo degli affari, dove le emozioni sono spesso messe in secondo piano rispetto alla professionalità, l’emergere di questi workshop “lacrimosi” mette in discussione lo status quo, facendo presagire un futuro più emotivamente impegnato, connesso e, forse, autentico.

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