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Non solo arancina e arancino | La Sicilia si divide su un’altra bontà fritta: l’Iris

Diadmin

Giu 30, 2024

È una diatriba nota in tutto il Paese, e non solo nella Sicilia da cui deriva. È la diatriba legata al genere di una delle tipicità gastronomiche sicule, l’arancin*.

Mettiamo l’asterisco, in questa sede, perché non vogliamo schierarci – e non ci schiereremo – in questo acceso dibattito che divide costa orientale e costa occidentale dell’Isola più grande del Mediterraneo e che divide in primo luogo Catania e Palermo, prime due città in termini di popolazione della Sicilia: da un lato lo chiamano arancino, dall’altro arancina, ma tendenzialmente si tratta dello stesso prodotto – una palla di riso fritta con all’interno farciture varie.

Un supplì grande con – spesso – carne all’interno, se vogliamo (e se vogliamo far triggerare i siciliani).

Ma facciamoli triggerare pure, questi siciliani che dibattono, si dividono, litigano per una vocale, mettendo in luce sommo provincialismo – che nemmeno quello che si percepisce in tutto il Bel Paese quando si parla di pizza con l’ananas o carbonara con la panna (che ognuno faccia il c che gli pare, no?)

Conoscete l’Iris? Un’altra bontà fritta divide la Sicilia in due

Andiamo quindi a parlare di un’altra bontà fritta – ma dolce – diffusa in Sicilia e chiamata Iris: la Iris, a Palermo; l’Iris (che sia comunque femminile? Chissà), a Catania.

Di cosa si tratta? È un dolce di forma sferica (simile al bombolone, per intenderci), fritto all’esterno e che racchiude un ripieno – che può essere alla ricotta, al cioccolato, al pistacchio o alla crema bianca (dipende ovviamente dalla zona di provenienza, un po’ come l’arancin*).

E se la genesi dell’arancino è incerta, è certa l’origine dell’iris: nasce in occasione dell’opera Iris di Pietro Mascagni, da un’idea del pasticcere Antonio Lo Verso (morto all’inizio degli anni ’60). Tale fu il successo di questo dolce prodotto nel suo laboratorio di via Livorno 3-5-7 che anche il caffè di sua proprietà cambiò nome e venne ribattezzato… Iris. Divenne quindi un punto di riferimento per l’aristocrazia e la borghesia palermitana, prima di giungere anche nella costa est della Sicilia.

Ma quindi, si dice la Iris, l’Iris, o ancora il Iris (versione, quest’ultima, decisamente cacofonica)? Diremmo che potete chiamarl* un po’ come vi pare.

E piuttosto che dibattere ed incazzarci, meglio risolverla con un sorriso – un po’ come ci insegna la catanese Carmen Consoli in merito all’arancino.

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