Tartarughe Ninja è stato uno di quei cartoni animati che hanno fatto breccia nei cuori di molte generazioni (compresa quella di chi vi scrive), ma c’è molto di più dietro ai protagonisti di questa storia particolare. Leonardo, Raffaello, Donatello e Michelangelo – nomi che evocano istantaneamente l’arte rinascimentale italiana – sono in realtà i nomi di questi formidabili combattenti. Ma perché questa scelta?
Questo legame con i grandi pittori del Rinascimento non è affatto casuale. Come rivelato dal maestro Splinter in una conversazione con la giornalista April O’Neil nel primo episodio del cartone, la scelta dei nomi fu motivata dalla passione del maestro per questi artisti. Questi nomi sono un omaggio a quattro maestri dell’arte: Leonardo da Vinci, Raffaello Sanzio, Donatello di Niccolò di Betto Bardi e Michelangelo Buonarroti.
Al di là dei nomi, ogni tartaruga è stata distintamente caratterizzata da un colore e da un’arma specifici. Inizialmente tutte indossavano bandane rosse, ma dal 1987 ognuna ha assunto una tonalità diversa. Leonardo, con la bandana blu, brandisce la sua katana, mentre Raffaello, con la bandana rossa, si destreggia con i pugnali. Donatello, riconoscibile per la bandana viola, è abile nel combattimento con il bastone bō, mentre Michelangelo, con la bandana arancione, domina il nunchaku. Questa scelta non è stata solo estetica ma ha permesso di dare un’identità unica a ciascuna tartaruga, oltre a rendere più facile il riconoscimento durante le scene di combattimento.
Queste tartarughe non solo portano nomi italiani, ma condividono anche una passione culinaria con il nostro Bel Paese. Amanti della pizza, queste creature mutanti hanno reso questo piatto italiano la loro specialità, diventando una vera e propria icona del loro stile di vita, rappresentando non solo un pasto, ma un simbolo dell’amicizia e della condivisione.
Chi vi scrive ha personalmente rivisto qualche puntata delle Tartarughe Ninja di recente (alla veneranda età di trenta e passa anni) e devo ammettere che non è stato entusiasmante come vent’anni fa. Forse sono cambiato io, sono troppo “cresciuto”, o forse non sono mai stati un granché come cartone animato, ma di certo mi hanno regalato memorie e attimi di pura gioia spassionata e, forse, è solo questo quello che conta alla fine.
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